mercoledì 9 agosto 2017

Escapologia fiscale i nuovi Houdini ora si trovano sul web #sapere per #fareimpresa

 



Aprire una società all’estero: un errore comune

Il più grosso e stupido errore che fanno alcuni italiani quando decidono di aprire una società all’estero è quello di mettersi in prima persona diventando soci oppure amministratori della struttura estera.
Una società intestata ed amministrata da persone italiane per la legge non è più una società estera al 100%, anche se ha realmente la sede all’estero!
Poco importa che la tua sia davvero una società con tanto di uffici e personale dipendente perché per il fisco questa rimane sempre una società che appartiene, a tutti gli effetti, ad un soggetto italiano.
Si tratta di un caso di esterovestizione, ovvero di “vestire” una società come se fosse estera, ed è un reato che può comportare una serie conseguenze (anche penali) se non provvedi a regolarizzare la tua posizione con il fisco.
In altre parole il fatto di essere soci oppure amministratori o aprire una società all’estero non è di per se una cosa vietata perché non c’è nessuna legge che te lo vieta, a patto di non usare la società estera come uno schermo per pagare meno tasse oppure per far fesso il fisco italiano.
Quindi dovrai fare il modello unico in Italia e quello che paghi all’estero può diventare un credito che puoi usare per diminuire quello che devi poi versare in Italia.
L’Italia ha firmato con molti Stati esteri una apposita convenzione contro le doppie imposizioni, ovvero accordo speciale fatto su misura proprio per evitare di tassare due volte gli stessi utili.
Questo ragionamento vale ovviamente se la società all’estero non è solo una scatola che ti serve per fare il furbo con il fisco, perché altrimenti le cose sono un po’ più complicate.






Nessun commento: