lunedì 12 novembre 2018

5 motivi per assumere un Senior #Sapere per #fare #impresa

5 motivi per assumere un Senior

Oggi il lavoro è flessibile, remoto, occasionale e part-time, sempre più standardizzato e le carenze di competenze sono presenti in molti settori: ecco perché le organizzazioni dovrebbero tenere in maggiore considerazione i lavoratori più anziani

Grazie a Dio siamo più longevi e sani rispetto al passato. Secondo le Nazioni Unite, quasi 700 milioni di persone hanno ora più di 60 anni. Entro il 2050, 2 miliardi di persone, più del 20% della popolazione mondiale, avranno 60 anni o più. Di conseguenza, possiamo e vogliamo lavorare più a lungo. Ma non è sempre semplice restare in azienda dopo una certa età.
In un momento in cui il lavoro è flessibile, remoto, occasionale e part-time, sempre più standardizzato e le carenze di competenze sono presenti in molti settori, le organizzazioni dovrebbero tenere in maggiore considerazione i lavoratori più anziani.
Ecco 5 validi motivi per cui trattenere e assumere persone in età matura possono aumentare la produttività all’interno di un’organizzazione.

  1. Possono migliorare la retention. Trattenere i talenti permette di risparmiare denaro. Spesso le aziende hanno paura di assumere qualcuno alle soglie del pensionamento perché stanno cercando di migliorare la fidelizzazione, ma la lealtà è ormai un fenomeno sempre più raro. Le probabilità dunque che un lavoratore di 60 anni stia con la tua organizzazione per cinque anni sono superiori rispetto a quelle un venticinquenne che pensa a viaggi, spostamenti per cogliere nuove opportunità o per seguire la propria famiglia o valuta seriamente di spostarsi in maniera permanente in un altro stato. 
  1. Hanno già competenze necessarie per il futuro. Parliamo molto della necessità per le organizzazioni all’interno di una trasformazione digitale di promuovere soft skill per garantire ai propri dipendenti la capacità di adattarsi ai cambiamenti e lavorare con le nuove tecnologie. Queste sono competenze sono il lavoro di squadra, il pensiero critico, il problem solving e la comunicazione. Abilità che richiedono tempo. La maggior parte dei lavoratori più anziani ha avuto quel tempo a sua disposizione; capiscono in fretta le policy nell’ambiente di lavoro, sanno comunicare idee, lavorare con persone a diversi livelli di un’organizzazione e risolvere problemi. I dipendenti maturi possono dunque dare quel valore aggiunto che permette di integrare una forza lavoro più giovane e creare una squadra molto forte.
  1. Mantengono la calma e riescono ad andare avanti. Quando qualcosa va storto in un posto di lavoro, cerchiamo nuove strade per gestirlo. Un collaboratore giovane potrebbe essersi laureato a pieni voti ma non essere ancora in grado di reagire adeguatamente alla pressione. La maturità deriva da anni di esperienza di vita e di lavoro e crea dipendenti che si sentono meno "scossi" quando si verificano problemi. In quest’ottica, i lavoratori senior possono essere ottimi mentor per le generazioni più giovani.
  1. Sono ricettivi verso le novità tecnologiche. Come numerose ricerche dimostrano, non è affatto vero che i senior siano ostili nei confronti della tecnologia. Anzi, è vero l’esatto contrario. I lavoratori più maturi sono tendenzialmente curiosi e in grado di comprendere come applicare al meglio le novità tecnologiche. Evercore ISI stima che 14 milioni di baby boomer statunitensi prevedono di sfruttare le potenzialità offerte dal mobile entro quattro anni e stanno recuperando terreno con i millennial. Le aziende tecnologiche stanno semplificando sempre più le loro interfacce utente per soddisfare una clientela più anziana. Considerando la velocità del cambiamento, ogni azienda dovrebbe garantire una formazione continuo per tutti i dipendenti anche on-demand in modo che si possano sviluppare nuove competenze in formati adeguati.
  1. Le organizzazioni all’insegna della diversity hanno prestazioni migliori. Diversi studi hanno rilevato che le organizzazioni che fanno della diversity (tra cui appunto anche età diverse) un loro punto di forza hanno prestazioni migliori. Uno studio dell'Università di Zurigo ha rilevato che un aumento della diversità di età può avere notevoli effetti positivi sulla produttività, in particolare nelle aziende innovative e creative. Mentre la produttività individuale può diminuire con l’avanzare dell’età, la produttività organizzativa tende a crescere. Anche se non tutti i dipendenti in età matura saranno in grado o disposti a ricoprire lo stesso ruolo che avrebbero se avessero vent’anni, la loro presenza in un'azienda arricchisce la profondità del potere del cervello e delle personalità disponibili. Assumere o mantenere dipendenti anziani potrebbe significare modificare la descrizione del lavoro, riassegnare il personale o offrire condizioni part-time o più flessibili. Se questo può apparire come una seccatura, occorre riflettere a cosa si perde se si perde questa forza lavoro. 


Collegamento all'articolo completo: https://www.manageritalia.it/it/lavoro/motivi-per-assumere-un-senior/motivi-per-assumere-un-senior

martedì 2 ottobre 2018

EVENTO GRATUITO Industry 4.0 Temporary Manager e valore aggiunto nei progetti di innovazione tecnologica

Il termine Industria 4.0 (o in inglese Industry 4.0) indica una tendenza dell'automazione industriale che integra alcune nuove tecnologie produttive per migliorare le condizioni di lavoro e aumentare la produttività e la qualità produttiva degli impianti.

POSTI DISPONIBILI LIMITATI

https://www.eventbrite.it/e/biglietti-industry-40-50867614404







giovedì 23 agosto 2018

IL CIRCOLO VIZIOSO DELL’ECONOMIA PALINDROME.


Il circolo vizioso dell’economia 
Al netto dell’economia delle tre campanelline e del dizionario delle belle parole, economia è potere di acquisto che genera lavoro o lavoro che genera potere di acquisto. L’economia è palindrome.











martedì 26 giugno 2018

GIG ECONOMY ne parliamo ora?


Gig economy, quando non ti è garantito nessun diritto (minimo) per il tuo futuro e il capo è un algoritmo.



Con la “crisi” (forse cambiamento?) del lavoro e grazie alle opportunità offerte al web e dalle sue applicazioni è nata una nuova economia, la gig economy. Si Tratta di un particolare “sistema” che riesce a fare a meno dei classici contratti a tempo indeterminato o alle prestazioni continuative, un sistema di lavoro freelancizzato, facilitato dalla tecnologia che a che fare con esigenze generazionali e sociali. È una forma efficiente d’impresa capitalistica. Su lavori che scontano flessibilità e intermittenza”.
Nella gig economy si lavora on demand. Ovvero solo quando c’è la necessità delle nostre competenze e delle nostre abilità. Foodora consegna dei pasti a domicilio, Uber un servizio di taxi e sono un chiaro esempio di figure professionali all’interno della gig economy.
Se vogliamo renderla ancora più semplice, è il trionfo dei “lavoretti”. Fino a poco tempo fa una situazione lavorativa del genere non sarebbe stata considerata una buona opzione economica, e invece vista la crisi del lavoro al momento molte persone stanno accettando le opportunità occupazionali, anche se molto saltuarie, offerte da siti, applicazioni e piattaforme web.
Etimologia della gig economy.
Come già spiegato, nasce grazie alla creazione di applicazioni e siti che offrono dei piccoli lavoretti on demand. Proprio per questo motivo alle volte è anche chiamata economia delle piattaforme. Nasce all’interno dello stesso contesto dell’economia collaborativa e della sharing economy ma è completamente diversa infatti non c’è condivisione, e c’è una bella differenza tra andare a chiedere in prestito al vicino di casa il trapano e chiedergli di fare il lavoro anche in cambio di una mancetta. Nel caso di sharing economy si condivide, mentre nella gig economy si viene pagati per un servizio che è stato fatto ( consegna di un pasto) con mezzi propri, si è inquadrati in una collaborazione organizzata dal committente, per esempio nella gestione dei turni, si deve indossare un’uniforme di rappresentanza, ma ci si deve sobbarcare dei costi degli strumenti di lavoro, come smartphone e bicicletta.
Tutela dei lavoratori.
 Il vero problema della gig economy sono le tutele nei confronti dei lavoratori. Non essendoci dei veri e propri contratti difficilmente le persone ricevono lo status di dipendenti con le conseguenti agevolazioni, pensionistiche e sanitarie, del caso. Se la gig economy dovesse crescere ancora, e gli analisti del mercato sono molto propensi a quest’eventualità, sarà fondamentale per le persone chiedere e ottenere dai governi nazionali delle nuove regolamentazioni. Nuove leggi che permettano una maggiore tutela a chi lavora on demand. In Italia è stato fatto il primo passo riconoscendo e facilitando il telelavoro, ma sarà necessario fare ancora molti passi in avanti.
Un algoritmo come capo.
L’algoritmo che gestisce l’attribuzione del lavoretto non essedo altro che una semplice procedura che tenta di risolvere un determinato problema applicando un certo numero di passi elementari manca di umanità e quindi taglierà o eliminerà l’attribuzione delle consegne agli operatori che non riterrà idonei indipendentemente dalle variabili umane e di buon senso.
I dubbi.
I mestieri della gig economy e la loro contrattualizzazione sono finiti sotto i fari dei giuslavoristi. “Ci sono indizi di subordinazione, come il fatto di avere dei turni o il potere disciplinare della piattaforma, che arriva all’estromissione. Una zona grigia tra il lavoro da freelance e quello da dipendente. Negli Stati Uniti Uber non ha fatto notizia per le proteste dei concorrenti diretti, i taxisti, quanto per i numerosi processi incardinati con l’obiettivo di far luce sulle condizioni di lavoro degli autisti: sono autonomi o no? Inizia a masticare parole come gig economy o sharing economy anche una rappresentazione del lavoro vecchia maniera come il sindacato.
Il futuro della gig economy.
Secondo molti analisti di mercato il futuro della gig economy dipenderà dalla capacità dei politici di adeguare le leggi a queste nuove forme di lavoro. In maniera tale da tutelare sia i dipendenti che le aziende. Il politico britannico Matthew Taylor ha proposto una soluzione per questo problema. Si tratta della creazione di una specifica categoria di lavoratori, una sorta di freelance che va a posizionarsi tra le aziende e i lavoratori con contratto fisso. Nonostante questa posizione lavorativa abbastanza incerta, la nuova categoria dovrà rientrare nei benefici che hanno le persone con regolare contratto. Come la malattia, gli extra pagati, e in alcuni casi i giorni festivi retribuiti.



domenica 17 giugno 2018

"Quando l’ignoranza critica, l’intelligenza osserva e se la ride" #sapere per #fareimpresa

Leggendo "lamenteemeravigliosa.it" viene spontaneo chieresi quando l’intelligenza è obbligata a reagire difronte a persone che hanno basato la loro carriera professionale solo ed esclusivamente cercando di demolire tutto ciò che gli sta attorno. -Di fronte ai manipolatori quando varcano la frontiera del rispetto e fa uso del disprezzo per definirsi e acquisire potere. -A un manipolatore che cerca di assumere il controllo. A questo scopo, dovete interrompere quanto prima i suoi commenti, i suoi disprezzi e la sua tagliente ironia. -L’umiliatore professionista quando cerca di umiliarvi sia in pubblico sia nella vita privata. L’umiliatore non viene vinto umiliandolo e nemmeno gridandogli contro o usando la violenza: viene battuto dall’indifferenza, quando scopre di non avere nessun potere su di voi. Per concludere, tutti sappiamo che l’ignoranza più pericolosa è un seme che incontreremo sempre sul sentiero della nostra vita. Ma non è altro che erbaccia. Pensate bene a quali battaglie meritano di essere combattute e quali no, l’importante è che non perdiate la vostra pace interiore e la vostra calma.


sabato 14 aprile 2018

LASCIA PERDERE, CON L’IGNORANZA DI CHI NON è CONSAPEVOLE TI CONVIENE CONVIVERCI



"Il principale svantaggio di sapere di più e di vedere più lontano degli altri in genere è di non essere compresi".

Parole dello scrittore e saggista inglese William Hazlitt (1778-1830).


Convivere con l’ignoranza degli altri ti porta a doverti adeguare alla massa, se sei al di sotto, ti calpestano, se sei al di sopra degli altri, trovi subito che il loro livello è inaccettabilmente basso, perché rimangono indifferenti davanti a ciò che ti interessa di più.

Se non facciamo come gli altri, ci tagliamo fuori dalla compagnia e dalla società. Parliamo un'altra lingua, abbiamo opinioni nostre tutte particolari e siamo trattati come se fossimo di un'altra razza. Niente è più inopportuno che intrufolarsi con qualche idea complicata nella mandria comune.
L’unico scopo dell’ignorante è piacere, non offendono mai con una verità e non disturbano con una bizzarria. Ogni pensiero deve essere bello di per sé, ogni espressione deve essere ugualmente rifinita. Non amano le espressioni popolari, ma i luoghi comuni, e rivestono forme senza significato con tutti i colori dell'arcobaleno.

Sono completamente presi da loro stessi e tutto il loro amor proprio è concentrato nel minuto presente. Tutta la loro esistenza deve essere fatta di piaceri squisiti, altrimenti gettano via tutto con indifferenza e disprezzo. Più ti mostrerai gentile, più ne abuseranno; ti ameranno meno, ma ti odieranno di più, e saranno ancora più intenzionati a vendicarsi di te per una superiorità che ai loro occhi è una questione totalmente oscura, ma della quale tu stesso sembri nutrire parecchi dubbi. Tutta l'umiltà di questo mondo verrà presa solo per debolezza e follia.

Il consiglio, quindi, è di recitare la parte del grand'uomo, di esagerare, di darsi delle arie, mezzi che lui sa bene che faranno estorcere un rispetto e una cortesia superficiali, "ma tanto niente altro si può ottenere da persone inferiori con l'indulgenza e la bontà". "Non esistono persone senza pretese e se meno ne hanno, meno possono riconoscere le vostre, non ricevendone alcun tipo di beneficio.

“Non possono capire una cosa simile".




giovedì 5 aprile 2018

IO LA VEDO COSì #sapere per #fareimpresa

Ispirato dal post di: Stefania Padoa
COLLABORIAMO? Dieci anni fa, quando ho iniziato il mio percorso come trainer, le aziende facevano una richiesta in particolare: aiuta i nostri commerciali a vendere di più! Negli ultimi anni ho assistito ad un'inversione di tendenza: ora la richiesta chiave non è tanto (o soltanto) vendere di più ma "aiuta le nostre persone a COLLABORARE. Qui non si parlano, non condividono informazioni, non si aiutano a vicenda". Dal mio osservatorio noto che in effetti la collaborazione, intesa come ricerca di sinergia con gli altri per lavorare (tutti) meglio e raggiungere prima e con più soddisfazione gli obiettivi, è diminuita. Mi chiedo quante opportunità di business si stiano perdendo solo per l'incapacità di collaborare. Poi mi viene in mente di aver letto tempo fa un report, datato Gennaio 2016, del World Economic Forum (The Future of Jobs) in cui si confrontano le "Top 10 Skills" che serviranno nel 2020 con le Top 10 Skills "in voga" nel 2015. Di "Cooperation" o "Collaboration" nessuna traccia, né nel 2015 né nel 2020. Quella che si avvicina di più è "Coordinating with Others": in seconda posizione nel 2015, scenderà in quinta nel 2020. E così mi chiedo: stiamo davvero andando nella direzione giusta?


domenica 18 marzo 2018

I 3 “No” che devi imparare a usare nella vita #sapere per fare #impresa


NO è una parola meravigliosa…che a volte però fatichiamo a fare nostra. Diciamocelo…quando qualcuno ci fa una richiesta, la nostra risposta immediata è in genere “SI”. Spinti dal desiderio di dare una mano o magari dalla volontà di non deludere gli altri, ci offriamo all’istante senza esitare. Eppure, sapersi appropriare della possibilità di dire NO è senza dubbio un passo di evoluzione personale.
Imparare a dire di no è importante anche per mantenere il nostro equilibrio emotivo.


La vita ci apre continuamente nuove possibilità che possiamo cogliere, ci tenta con opportunità che a volte non sono le più adatte a noi. In questi casi, dire di no vuol dire essere in grado di rimanere sul percorso che abbiamo scelto, concentrati sui nostri obiettivi. Inoltre, a volte dire di no è l’unico modo che abbiamo per difendere i nostri diritti e tenere controllate le persone che sono disposte a violare la nostra libertà, appropriandosi del nostro tempo e agendo come veri e propri vampiri emotivi.
Anche in ambito professionale è fondamentale saper gestire l’arte della negazione
Soprattutto per non venire sovraccaricati di mansioni che non ci appartengono e non assumere impegni che non possiamo portare a termine. Ovviamente, dobbiamo imparare a dire di no rispettando gli altri e mantenendo delle buone relazioni.

Perché abbiamo difficoltà a dire di no?
– Perché abbiamo paura di essere considerati persone chiuse e rigide, perché nella nostra società il sì è stato associato a maggiore flessibilità e apertura, quando a volte nasconde solo una profonda mancanza di carattere.
– Perché è un’abitudine che abbiamo imparato da bambini, quando pensavamo che dire di sì significava ottenere l’approvazione degli altri, in particolare i genitori, che solevano infuriarsi quando dicevamo di no.
– Perché abbiamo paura di bruciare i ponti dietro di noi precludendoci una via di fuga che potrebbe esserci utile in futuro.
– Perché abbiamo paura della reazione degli altri o di ferirli con la nostra negazione pensando che non la prenderanno bene.
– Perché siamo preoccupati di venire accusati di egoismo, quando in realtà stiamo solo difendendo il nostro diritto di porre dei limiti che ci proteggano.

Cosa significa davvero NON dire NO.
Per tutti i motivi appena indicati, dire di sì è probabilmente la risposta più facile quando qualcuno ci rivolge una richiesta, ma se guardiamo con attenzione non sempre è la risposta migliore. Così come dire di no ha le sue implicazioni, anche NON dire di no ha le sue rilevanti conseguenze. Ogni volta che diciamo di sì a qualcosa stiamo di fatto dicendo di no a qualcos’altro.

Pensaci:
-Quando dici di sì a qualcosa che non ti piace, stai dicendo di no alle cose che ami.
-Quando dici di sì a un lavoro che non ami, stai dicendo di no ai tuoi sogni.
-Quando dici di sì a una persona che non ti va a genio, stai dicendo di no a una relazione profonda.
-Quando dici di sì al troppo lavoro, stai dicendo di no alla tua vita sociale.

Il principio è molto semplice: chi cerca di accontentare tutti, non accontenta nessuno. Neppure sé stesso.

Anche stabilire dei limiti è espressione di amor proprio.
Dire di no è un diritto, soprattutto quando le altre persone pretendono di avere il nostro tempo e le risorse a loro piacimento. In realtà, a volte dire di no è una questione di sopravvivenza psicologica, non di egoismo.

1. Il “No” categorico
A volte incontri delle persone che ti propongono progetti o fanno richieste per i quali sai bene la risposta: un no assoluto e categorico. Quando hai preso una decisione molto chiara e sai che quello che ti stanno chiedendo o proponendo non fa per te, perché può danneggiarti o va contro i tuoi valori, non devi avere paura di rispondere con un no categorico.
È vero che dire di no è complicato, ma ricorda che se qualcosa non ti piace e può danneggiarti in qualche modo, non c’è alcuna ragione di farlo. In realtà, a volte dire di no è espressione di amor proprio, di rispetto di sé. Stabilire dei limiti non è negativo, è l’espressione di una persona che sa quello che vuole e sa perfettamente fino a dove è disposta a cedere. Inoltre, un no sincero, invece di una inutile titubanza, è anche espressione di rispetto per l’altra persona perché gli farà risparmiare tempo permettendogli di riorientare rapidamente la ricerca. Se non siamo disposti a fare qualcosa è meglio dirlo subito.

2. Il “No” a metà
Non è sempre necessario dire di no, ma a volte non siamo disposti a fare fino in fondo tutto ciò che ci chiede l’altra persona. Infatti, queste situazioni sono molto comuni nella nostra vita quotidiana e, dato che in ultima analisi tendiamo a cedere, sono le principali responsabili del fatto che ci coinvolgiamo in progetti o relazioni che non ci soddisfano veramente.
In tal caso, puoi dire “No” a metà. Cioè, puoi dire a questa persona che sei disposto ad aiutarla in alcuni aspetti, ma non in altri, che puoi soddisfarla solo fino a un certo punto, ma non sei disposto ad andare oltre.
Puoi approfittare di questo momento per indicare esattamente quali sono i tuoi limiti e le condizioni. All’altra persona deve essere chiara la tua posizione rispetto alla sua richiesta, in modo tale che non pretenda ciò che non ti sei compromesso a fare.
Un’altra possibilità che prevede il “No” a metà è la trattativa. Ad esempio, potresti non essere d’accordo con la richiesta iniziale, ma se l’altra persona cambia qualche dettaglio potresti accettare. In realtà, si tratta di una strategia molto assertiva perché in questo modo tutti vincono.

3. Il “No”, forse più tardi
Se qualcosa non ti interessa è meglio dirlo subito. In questo modo sei sincero e rispetti l’altra persona. Ma ci sono momenti in cui non siamo semplicemente disposti ad accettare una determinata proposta, almeno in quel momento, ma potremmo farlo in seguito.
In questo caso, è meglio non lasciarsi convincere mettendo in chiaro che non siamo disponibili al momento, ma forse più tardi potremmo accettare di coinvolgerci nel progetto o soddisfare la richiesta. Si tratta di far capire chiaramente che non ci interessa la cosa perchè non abbiamo tempo e non perché non abbiamo il coraggio di dire di no.
Ad esempio, una persona potrebbe proporti un progetto professionale molto interessante, ma i tuoi problemi attuali ti impediscono di accettare. In tal caso, la proposta ti interessa davvero, ma non ti puoi compromettere immediatamente. L’ideale per entrambe le parti sarebbe concordare un periodo di tempo ragionevole, dopo il quale dare la tua risposta definitiva.

La chiave sta nel dire di no in modo tale da non causare danni agli altri.
Impara dunque a dire di No ai vampiri psichici ed energetici, a tutte le persone negative che vogliono distruggere i tuoi sogni, ai parassiti sociali, alla bruttezza, e tutti coloro che cercano di abusare del tuo tempo e delle tue preziose energie. 

E per farlo, a volte è necessario spiegare le nostre ragioni. 

Ricorda che un no sincero è anche un modo per mostrare rispetto per la persona, ed è sempre preferibile a un sì che non si porta a termine e del quale dovremo scusarci.

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Fonte: http://www.psicologozampoli.prato.it

martedì 30 gennaio 2018

"SIAMO TUTTI LEADER" #sapere per #fareimpresa

 "SIAMO TUTTI LEADER"

Alcuni, come i genitori e gli insegnanti, hanno un impatto profondo ed evidente sugli altri. Altri come i nostri superiori, possono essere sia leader che manager, ispirare e gestire. Coloro che fanno lavori più umili o con meno persone sotto il loro diretto controllo, come impiegati, cassieri, operai, possono costantemente offrire il buon esempio e ogni giorno si trovano di fronte a molte opportunità per rendere la giornata degli altri migliore, più semplice, più sorridente, anche attraverso piccoli e semplici gesti.

Essere consapevoli che quello che facciamo e diciamo verrà visto, sentito, percepito dagli altri, e che con i nostri comportamenti, pensieri, azioni, possiamo ispirare, motivare, influenzare gli altri, sia positivamente che negativamente, è il primo passo per realizzare che ognuno di noi è un leader.



lunedì 22 gennaio 2018

Di chi è il Buon Senso #SAPERE PER #FAREIMPRESA


Le persone intelligenti non sempre fanno le cose in modo intelligente; a volte, possono compiere azioni irrazionali e confuse, come perdere tutti i loro soldi giocando d'azzardo sul mercato delle azioni o dimenticare di portarsi dietro indumenti adeguati per un'escursione in aperta campagna, durante una giornata dalle condizioni climatiche piuttosto ballerine. Qualunque sia il tuo background, la tua formazione, il tuo quoziente intellettivo o la tua esperienza, il buon senso può essere assimilato e applicato nelle situazioni della vita di tutti i giorni. E, sebbene sembri una provocazione suggerire che a volte pare che le persone intelligenti non abbiano sale in zucca, questa deliberata associazione serve unicamente a sottolineare che tutti hanno sbandamenti nell'utilizzo del pensiero pratico.






domenica 7 gennaio 2018

Da domani 08-01-18 moltissimi tornano al lavoro e molti potrebbero..... #sapere per #fareimpresa# provocatori


Da domani 08-01-18 moltissimi tornano al lavoro e molti potrebbero trovarsi difronte alla necessita di dovere difendersi dai soliti provocatori

Esistono persone che “attaccano” gli altri anche per prevenire le critiche e porsi in una situazione di vantaggio: perché lo fanno, come prevenirli  
Il suo identikit Sa tirare fuori il peggio dalle persone con cui si relaziona, sa farle arrabbiare e irritare come nessun altro, riesce a creare discussioni e litigi dal nulla, è insuperabile nel farle restare male, nel disorientare e nel mettere in imbarazzo. È il provocatore: una persona comune, che però in alcuni momenti utilizza una modalità comunicativa finalizzata a colpire sul vivo l’interlocutore per vedere se e come reagisce. Di solito il provocatore lo fa in modo consapevole e al contempo automatico, cioè identifica da tempo nella provocazione un “valore aggiunto”, uno strumento per affermarsi. A volte, più di rado, il provocatore non se ne accorge: parole maldestre gli scappano di bocca come guidate da intenzioni inconsce. In ogni caso tutto ciò gli riesce in modo magistrale, riuscendo talora a tirare fuori dai gangheri persone dotate di notevole self-control e di ottima autostima.
Reazioni scomposte Il provocatore può agire in tre modi: 1) pungola; 2) spiazza; 3) mette in difficoltà. Ma perché lo fa? In genere vuole prendere un vantaggio nella relazione per gestirla come vuole lui. Ma è possibile che questo sia anche un modo per attirare l’attenzione, per emergere dall’anonimato. In altri casi è una forma di difesa: attacca per prevenire critiche e per spostare l’attenzione sull’altro. A volte fa di tutto per tirare fuori la parte più aggressiva e scomposta di una persona per metterlo alla prova e vedere quanto resiste (come una sorta di nevrotica “prova d’amore”), per dimostrare che “in realtà è fatta così” e per poter dire: «Ecco cosa c’è dietro la maschera, lo sapevo!». In effetti chi ci casca può reagire così scompostamente da finire poi per chiedergli pure scusa. Diventare “immuni” ai provocatori però è possibile e significa migliorare notevolmente la qualità della propria vita.      
Un solo obiettivo: far male a chi hanno di fronte  

- Inseriscono nelle conversazioni critiche gratuite e letture della realtà faziose

- Scherzano in modo pesante, rivolti al lato debole dell’altro

- Tentano sempre di esprimere “verità scomode” che feriscono

- Banalizzano gli sforzi, i risultati e l’aiuto di chi hanno di fronte

- Fanno del sarcasmo o danno soprannomi che contengono elementi svilenti

Riconosci le tue reazioni Guarda nel tuo passato per individuare come reagisci ai provocatori: sono sempre gli stessi? Ci sono tematiche specifiche? Metti in atto uno “schema fisso” di risposta? Conoscerlo ti permette di agire su di esso.
Non reagire come lui Non rispondere alle provocazioni con altre provocazioni o finirà nella litigata che lui tanto auspica. Non cercare di giustificarti, non sentirti in dovere di spiegare e di chiarire. Lui è in mala fede e non ti ascolterà.
Spezza l’automatismo Quando ti senti provocato, colpito sul vivo, è la grande occasione per cambiare: trattieniti dal reagire come al solito, ferma la tua azione “riflessa” e osservati. Poi comincia a osservare anche lui.
Conclusione Il provocatore si aspetta qualcosa da te: un’arrabbiatura, una chiusura, uno sguardo ferito, un insulto. Sorprendilo con un gesto inaspettato: ridi, oppure simula indifferenza, o stai in silenzio guardandolo con distacco. E non cedere: in breve non saprà più cosa fare e capirà che con te “non attacca”.


Tratto da: Riza.it

martedì 2 gennaio 2018

CONOSCERE SE STESSI PER AIUTARE GLI ALTRI. #sapere per #fareimpresa

Consapevolezza delle proprie capacità e dei propri limiti, limiti che si possono superare con impegno, formazione e tanta umiltà. Consapevolezza che spesso manca  nel management e che mi lascia perplesso. Purtroppo ho notato che questo modo di lavorare coinvolge anche la consulenza. Moltissimi consulenti di direzione, formatori, coach lavorano su un modello precostituito (come un abito da grandi magazzini) e non sul "fatto su misura".

“Se conosci il nemico e te stesso, la tua vittoria è sicura. Se conosci te stesso ma non il nemico, le tue probabilità di vincere e perdere sono uguali. Se non conosci il nemico e nemmeno te stesso, soccomberai in ogni battaglia.” Sun Tzu