lunedì 11 luglio 2016

Mutui, perché il tasso fisso è sempre più vicino al variabile. "Sapere per fare impresa"

La notizia è che la Brexit sta avendo un forte impatto sul mercato dei mutui in Italia. Come può l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea influenzare l’offerta di prestiti ipotecari in Italia? Una domanda che trova risposta con la presa d’atto che viviamo in un’economia interconnessa, dove il battito d’ali di una farfalla dalle parti di Downing Street può scatenare una reazione immediata sulle erogazioni di finanziamenti persino in un piccolo comune del piccolo Molise. Cosa sta succedendo? Dal referendum del 23 giugno con il quale i cittadini britannici in maggioranza hanno comunicato l’intento di voler fare le valigie dal condominio europeo si è innescata sui mercati finanziari una nuova caduta dei tassi interbancari e di quelli dei titoli di Stato. I titoli inglesi a 10 anni sono scesi per la prima volta nella storia sotto l’1% (ieri addirittura allo 0,79%). Minimo storico anche per i rispettivi titoli statunitensi (1,37%) e per il Bund tedesco (-0,2%). Il rendimento del bond governativo della Germania interessa da vicino i “mutuatari del partito del tasso fisso”. Perché il tasso fisso si ottiene sommando lo spread (deciso dalla banca) all’indice Eurirs corrispondente alla durata del mutuo (se il mutuo è di 20 anni si prende come riferimento l’Eurirs a 20 anni). I tassi sui mutui-casa potrebbero scendere Bene, i tassi Eurirs (che sono un’espressione del costo del denaro nel medio-lungo periodo, da 1 a 30 anni) sono collegati all’andamento del Bund. Se il rendimento del Bund scende, scendono anche gli Eurirs. Non a caso nei giorni scorsi l’Eurirs a 20 anni è stato fissato allo 0,73%, 68 punti base in più rispetto ai livelli di gennaio (quando quotava all’1,41%). Questo significa che i nuovi mutui a tasso fisso (a parità di spread) costano oggi molto meno che qualche mese fa. La Brexit - alimentando le aspettative di nuove misure espansive da parte delle banche centrali - sta quindi spingendo ancor più giù i tassi di mercato (e i vari indicatori del costo del denaro) comportando una ulteriore riduzione dei tassi nominali dei mutui a tasso fisso. Non a caso lo spread tra fisso e variabile si è ridotto. Come evidenziato dal grafico a fianco oggi è possibile stipulare un mutuo a tasso fisso all’1,62% a fronte del miglior variabile che costa lo 0,86%. La differenza in partenza tra il fisso e il variabile si è ridotta a 76 punti base contro i 112 del 2015, i 215 punti del 2014 e i 342 del 2009. Da quando esiste l’euro c’è stata solo un’altra fase in cui fisso e variabili sono stati così vicino. Dobbiamo tornare indietro al 2007-2008 (quando la differenza scese sotto i 50 punti base) anni in cui gli indici Euribor (utilizzati per il calcolo delle rate a tasso variabile) balzarono alle stelle per via della crisi di liquidità tra le banche innescata dal fallimento di Lehman Brothers e dalla diffusione anche tra le banche europee dei titoli derivati tossici agganciati ai mutui subprime venduti qualche anno prima negli Stati Uniti. Oggi invece le banche europee non hanno problemi di liquidità (perché questa è garantita a tasso zero dal sostegno della Bce) ma piuttosto di crediti deteriorati (1.000 miliardi in Europa). Un anello debole che potenzialmente potrebbe impattare sulle erogazioni di mutui in futuro da parte delle banche più colpite ma che, nella sostanza, non sta avendo conseguenze sul fronte dei tassi nominali offerti che sono ai minimi storici. Senza sostegni alle banche, i tassi a zero sono un boomerang Va detto che la forbice tra fisso e variabile si sta riducendo ma è evidente che anche il costo dei mutui a tasso variabile sta diminuendo. Solo che lo fa a una velocità inferiore rispetto alla regressione del tasso fisso. Questo perché il tasso variabile si ottiene sommando lo spread (deciso dalla banca) agli indici Euribor. A differenza degli Eurirs (che non hanno limiti al ribasso e questo dipende dall’andamento del Bund che potrebbe continuare a scendere nei prossimi mesi) gli Euribor hanno un limite naturale alla loro discesa: rappresentato dal tasso sui depositi della Bce, fissato dall’istituto di Francoforte a -0,4%. Questo tasso - che rappresenta quanto devono pagare le banche private per parcheggiare nel conto che devono avere presso la Bce la liquidità in eccesso rispetto alle riserve obbligatorie - è anche il tetto massimo per gli indici Euribor (non a caso l’Euribor a 1 mese è a -0,36%). Gli Euribor continueranno a scendere pertanto solo se la Bce dovesse portare il tasso sui depositi a -0,5%. Ecco perché i tassi dei mutui a tasso variabile stanno perdendo parte del vantaggio competitivo - che tuttavia continuano ad avere - rispetto al tasso fisso. A parità di spread, gli indici Eurirs stanno scendendo più degli Euribor. «L’ulteriore contrazione dei tassi conferma la preferenza degli italiani in questa fase per il mutuo a tasso fisso, con il 66% delle richieste e il 70% delle erogazioni - spiega Roberto Anedda, direttore marketing di MutuiOnline.it -. E sta creando nuovi spazi per le surroghe aprendo questo mercato anche a chi ha stipulato un mutuo negli ultimi 2-3 anni e che a questo punto con un cambio-mutuo troverebbe già un forte risparmio, nonostante il piano di ammortamento sia iniziato relativamente da poco. Allo stesso tempo, sul fronte degli spread, non evidenziamo al momento una reazione delle banche alla Brexit. Restano contenuti e in alcuni casi anche inferiori all’1%». Fonte: Il Sole 24 Ore

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